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Dimensioni in simbiosi: musica e danza tra simboli spirituali e materiali

Dimensioni in simbiosi: musica e danza tra simboli spirituali e materiali

Fin dai tempi più antichi le dimensioni di danza e musica vivono in simbiosi, due arti complementari che nel tempo e nello spazio disegnano le culture di tutto il Mondo, rappresentando sia la vecchia che la nuova civiltà umana.

Le civiltà arcaiche sono quelle che in fase embrionale di una poi maggiormente moderna società, hanno dato rilievo al credo ed al rito, basandosi sul sacro.

Momenti correlati soprattutto ad eventi di celebrazione o di iniziazione, o infine propiziatori (come le antiche danzi tribali della pioggia indiane).

Matrimoni, guerre, conquiste, trattati di indipendenza, nuovi regni ed i coronamenti erano celebrati attraverso l’arte del ballo e della musica, differenti per ogni zona ma uniti dal medesimo scopo.

Specialmente il rito è il primo a dare vita allo “spettacolo”, una situazione ridotta formata da un performer che interpreta un qualcosa su musica e danza, con annessi costumi e maschere di scena primitive.

Per quanto riguarda la spiritualità venerata attraverso l’arte antica, è molto nota la figura dello stregone (in alcune culture conosciuto anche come Sciamano), il quale nelle tribù aveva la funzione di principale tramite tra il mondo tangibile e quello del soprannaturale, egli veniva spesso collegato all’utilizzo dello strumento ritmico e percussivo per antonomasia: il tamburo.

In moltissime culture, da quella Africana, a quella Indù o degli stessi Indiani d’America, le percussioni ottenevano un ruolo predominante e di fondamento delle celebrazioni religiose; si pensava infatti che i suoni propri degli strumenti a percussioni potessero vibrare nel sonoro riuscendo ad indurre gli ascoltatori (che probabilmente in quel momento pregavano), ad una sorta di trance, spesso accompagnata anche da movimenti del corpo appositi, per riuscire a connettersi all’interno di un viaggio ultraterreno che restituiva un effetto terapeutico per queste tribù.

Alcune analogie danzarie e di sonorità ritmiche presenti nelle forme artistiche antiche italiane, come la Pizzica del Salento (Puglia) o l’Argia di Oristano (Sardegna), nascevano con l’intento analogamente diretto di “guarire” alcuni disturbi psico-fisici (convulsivi e di isterismo), attraverso sempre l’utilizzo di determinati strumenti e dei loro ritmi particolari.

Ed è così, da queste forme di celebrazione comunitarie, che iniziano a formarsi le basi dell’intrattenimento per mezzo della spettacolarità donata alla collettività, perciò al pubblico.

Proprio per questo altre forme artistiche storicamente successive, come la Tarantella (la quale di origine napoletana prende il suo nome dal ragno “Tarantola”), si distaccheranno dalla proiezione onirica ultraterrena e religiosa, abbracciando una situazione più materiale e simbolica di puro senso estetico ed intrattenitivo, correlato da uno spirito più vivace e da uno stile rappresentativo legato alla festività ed al divertimento.

Ai giorni nostri con l’arte contemporanea, tutto il simbolismo onirico e religioso ha lasciato spazio alla pura bellezza estetica, in alcuni casi quasi priva di significato.

La sceneggiatura ha lasciato spazio all’effetto speciale e la profondità dei personaggi alla loro esaltazione e spettacolarizzazione, ma come ben sappiamo, l’arte è ciclica e prima o poi, il pubblico desidererà “ritornare al passato attraverso qualcosa di totalmente nuovo”.