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breve storia della danza: dalle caverne ai palcoscenici

Dalle caverne ai palcoscenici: breve storia universale della danza

Fin dai primi graffiti rupestri ritrovati nelle grotte del Tassili n’Ajjer, in Algeria, l’essere umano ha usato il movimento per narrare, invocare e celebrare.

Nei riti propiziatori paleolitici, danzare significava attrarre la fertilità della terra o la grazia delle divinità-animali.

Con l’avvento delle prime civiltà agricole, la danza si codificò: nell’Antico Egitto le sacerdotesse di Hathor eseguivano passi rituali che fondevano musica, mimica e testo geroglifico, mentre in India prendeva forma il Natya, radice delle odierne danze classiche hindustane.

Il mondo greco trasformò il gesto in arte performativa: dal dithyrambos dedicato a Dioniso nacque il teatro danzato, con coreografie collettive tese a ricreare l’armonia cosmica.

Roma, più pragmatica, assimilò e spettacolarizzò, portando danzatori professionisti nei ludi circenses.

Col crollo dell’Impero, la Chiesa medioevale condannò le movenze “profane”, ma non poté impedire la diffusione delle danze contadine: saltarello, farandola e branle continuavano a far vibrare le piazze.

Il Rinascimento riscoprì l’estetica classica; alla corte dei Medici Catherine de’ Medici commissionò il Ballet Comique de la Reine (1581), primo balletto narrativo con scenografia e costume unitari.

Nel Seicento la nascita dell’Académie Royale de Danse a Parigi sancì il lessico del balletto classico – le cinque posizioni, l’en-dehors – esportato in tutta Europa.

Ma fu la Russia imperiale a trasformare il balletto in poesia in punta di dita: Lo schiaccianoci e Il lago dei cigni di Čajkovskij-Petipa rimangono iconici.

Il Novecento spalanca le porte alle avanguardie: Isadora Duncan balla scalza inneggiando alla libertà del torso, Mary Wigman evoca il subconscio con la Ausdruckstanz, mentre Martha Graham scolpisce odalische moderne attraverso la tecnica del contraction and release.

Negli anni Settanta si afferma la danza contemporanea europea con Pina Bausch e la danza-teatro, capace di fondere parola, gesto quotidiano e ironia.

Il XXI secolo mette tutto in dialogo: compagnie come Akram Khan, La Horde o Peeping Tom contaminano codici urbani, new media e realtà virtuale.

TikTok viralizza passi di shuffle e afro dance, rendendo la coreografia globale e democratica, mentre la motion-capture consente ai coreografi di creare scenografie digitali reattive.

La danza, in oltre 30 mila anni di storia, resta uno specchio: muta con l’uomo, con la tecnologia, con i sogni di chi la vive e di chi la guarda.